giovedì 20 maggio 2021

BELLO O BRUTTO CHE SIA... E' SGRADEVOLE SVEGLIARSI NEL MEZZO DI UN SOGNO

“Bello o brutto che sia… è sgradevole svegliarsi nel mezzo di un sogno”. Con questa frase affascinante, poetica anche se non intenzionalmente e soprattutto, dannatamente malinconica e disillusa, pronunciata da uno dei personaggi di fantasia che più mi è rimasto nel cuore da oltre un ventennio che, voglio esordire con questo post. Purtroppo in una simile circostanza dove nulla lasciava presagire la cosa, è davvero il caso di dirlo: Come un fulmine a ciel sereno, Kentaro Miura è venuto a mancare. So già che di primo acchito qualcuno potrebbe pensare: “ Chi diavolo è costui?”. Cercherò di darne una risposta pur essendo conscio di non esserne in grado o quantomeno di non rendere giustizia, a uno degli autori che hanno fatto la storia del suo medium: il fumetto. Miura era un mangaka, un fumettista giapponese per i profani, di quelli capaci di attirarti con il “colpo d’occhio” per la bellezza delle sue tavole, prima ancora delle sue storie. Non scherzo per niente quando dico che nel panorama mondiale del fumetto, probabilmente non è mai esistito nessuno che fosse in grado di disegnare come faceva lui. Ogni singola vignetta che componeva una delle sue tavole era ed è un piccolo quadro dettagliato, delle vere opere contemporanee di un autore sempre al passo con i tempi e in costante crescita, mettendo sempre al primo posto sia la qualità che la quantità. Una concreta voce fuori dal coro in quello che purtroppo è il panorama odierno del fumetto, dove frotte di autori si avvicinano a forme digitali per semplificare il lavoro e creare più roba da dare in pasto a editori e lettori nel minor tempo possibile, mentre Miura rimaneva ancorato alle tradizionali matite e chine per dare il giusto sapore tecnico e lento alla sua arte dettagliata in ogni sua minuzia. Fortunatamente e sfortunatamente questa prassi è continuata fino al 6 maggio, giorno della sua venuta a mancare (purtroppo solo nelle scorse ore ne è stato dichiarato il decesso, con tanto di funerale avvenuto in funzione privata) lasciando sbigottiti e atterriti non solo i fan di “Berserk”, l’opera alla quale lavorava da oltre un trentennio, ma il mondo del fumetto in generale, resi tutti quanti orfani di un finale che mettesse il punto sulla parola “capolavoro”. Perché Berserk nonostante negli anni abbia sofferto di una gestazione lentissima, specialmente negli ultimi dieci anni, (c’è chi dice per mancanza d’ispirazione dell’autore stesso, per pura pigrizia o per ribellione nei confronti di uno stile di vita pressante, la verità rimarrà per sempre nel mezzo) era e rimarrà un dannato capolavoro non solo del fumetto ma della letteratura in generale. Questo perché le atmosfere oniriche, cupe e crude dell’opera, intrise di quel romanticismo e nichilismo “insoliti” per un fumetto di stampo giapponese di fine anni ottanta, dove abbiamo un mondo medievale europeo realistico e al contempo fantastico, hanno influenzato pesantemente gli autori a venire e non solo quelli giapponesi. L’influenza di Berserk e di Miura sono presenti in tantissime opere visive e anche di successo, come possono essere i videogiochi di “From Software” nella serie dei “Soul’s” o in moltissimi progetti cinematografici indipendenti a sfondo medievale. Così come lo stesso Miura s’ispirò durante le fasi iniziali della sua storia, per quanto concerne il tratto, a tantissime altre opere della cultura pop e non, omaggiando autori del calibro di “Go Nagai” (Devilman e i vari robottoni come Mazinga) film di serie B come “Hellraiser” o “Excalibur”, arrivando addirittura a disegnare personaggi con le fattezze di attori come “Klaus Kinski” (Aguirre furore di Dio, Nosferatu il principe della notte) per darne una maggiore connotazione. Tutto ciò al servizio di una trama apparentemente banale ma che nel giro di soli tre numeri, si rivelerà essere ben congegnata e orchestrata, in grado di raggiungere più di un Climax in diverse occasioni e lasciando letteralmente a bocca aperta il lettore dallo stupore. Perché non è una cosa da tutti creare in giovanissima età dal nulla (Miura era poco meno che ventenne quando concepì Berserk), le gioie e i dolori di un personaggio incapace di trovare un senso nella propria vita se non attraverso l’utilizzo di una spada poco più grande di un essere umano, rendendolo vivo e sfacciato più di quanto non ci si potesse immaginare. Nonostante “Gatsu”, il protagonista di Berserk, non sia proprio una figura positiva, (potremmo definirlo una sorta di antieroe di una tragedia ben più grande di lui e del “libero arbitrio” stesso dell’essere umano) viene facile immedesimarsi nei suoi panni e tifare per lui. Così come è facile detestare seppur a volte con delle riserve Griffith, il coprotagonista della vicenda e l’altra faccia di una medaglia sporca di sangue che condivide con lo stesso Gatsu. Ma Berserk non è solo questo: è molto di più! Basta pensare che su questi due personaggi, moltissime persone hanno scritto tesi su tesi e saggi di ogni tipo, tenendo conto che entrambi non sono nemmeno la punta dell’Iceberg dell’opera. Un’opera che mi sento di consigliare a prescindere nonostante non avrà mai una conclusione e anche se dovesse averne una, senza la supervisione di Miura non sarà mai la stessa cosa. Non parlerò oltre di Berserk perché questo post non voleva e non vuole essere sul fumetto ma sulla mente che c’è stata dietro. Perché alla fine, è solo grazie a Kentaro Miura se oggi sono un appassionato di storie fantasy, della letteratura in generale e di tematiche molto più profonde, complesse e addirittura filosofiche. Opere che vanno oltre una superficie e che spingono costantemente alla riflessione, alla scoperta, la condivisione dei pensieri e anche ai loro eventuali contrasti senza una versione giusta o sbagliata. Una fuga dalla banalità, in cerca di qualcosa di diverso e forse di prezioso come potrebbe essere un “sogno”. E Kentaro Miura vent’anni fa… mi ha fatto prendere parte ad un sogno dal quale mi sono svegliato purtroppo a metà.